Al Milano Design Film Festival la Première del film “Softness. i-Mesh. Designing the city”, di Cristiana Colli e Francesca Molteni, per uno sguardo sull’architettura morbida di i-Mesh
Il 25 novembre, presso Anteo Palazzo del Cinema, un talk sul tema della Soft Architecture affronta il futuro della città attraverso le suggestioni e le capacità innovative di i-Mesh: eccellenza marchigiana che con il suo omonimo tessuto tecnico ha rivoluzionato il modo di progettare
Milano | L’architettura morbida come modello per disegnare spazi urbani più aperti, accoglienti e circolari. Questo il tema al centro di “Softness. i-Mesh. Designing the city”, il film di Francesca Molteni e Cristiana Colli che sarà proiettato venerdì 25 novembre presso Anteo Palazzo del Cinema – alle ore 16 nella Sala Rubino – in occasione della X edizione di Milano Design Film Festival.
Al termine della proiezione seguirà un talk sull’architettura morbida come strumento per disegnare le città del futuro. Ne parleranno: Alberto Fiorenzi (fondatore di i-Mesh), Cristiana Colli (giornalista, curatrice d’arte e di MappeLAB), Francesca Molteni (regista e fondatrice della casa di produzione MUSE Factory of Projects), Stefano Catucci (filosofo e docente di Estetica) e Cristiana Perrella (direttore artistico del Milano Design Film Festival).
Il film “Softness. i-Mesh. Designing the city”, attraverso un fitto intreccio di storie e riflessioni, racconta un nuovo modo di progettare, più rispettoso dell’ambiente e attento al benessere delle persone. Una visione quanto mai necessaria oggi per rispondere agli importanti cambiamenti provocati dalla crisi climatica e sanitaria. A legare i fili del racconto, i-Mesh, l’eccellenza marchigiana che ha dato il via a questa rivoluzione gentile, creando l’omonimo tessuto tecnico per l’architettura e il design.
Un materiale nato a Numana nelle Marche, un borgo incastonato tra colline e mare, che è arrivato fino a Dubai dove è stato scelto da Werner Sobek per la copertura della promenade di Expo 2020. Un materiale high tech, leggero e riutilizzabile, che permette di disegnare spazi flessibili e temporanei. Non solo un materiale, dunque, ma uno sguardo sul mondo più lieve, in cui i pesanti muri in cemento sono sostituiti da pareti mobili e trasparenti.
Un intreccio di riflessioni sul progetto contemporaneo
Trasparenza, comfort, flessibilità, morbidezza, sostenibilità ambientale. Sono queste le parole scelte da Francesca Molteni e Cristiana Colli, intorno a cui sviluppare la narrazione di “Softness”. Un racconto a più vociin cui eminenti esponenti del mondo dell’architettura, del design e dell’arte si interrogano sul senso profondo del progetto contemporaneo, svelando visioni e percorsi di ricerca inediti. Tra filo e trama, digitalizzazione e mobilità green, materiali confortevoli e nuove tecnologie di costruzione.
Da Cristiano Toraldo di Francia e la trasparenza che ci fa superare le barriere a Kengo Kuma con le sue riflessioni sui materiali morbidi e sulla texture amica. Da Gabriele Mastrigli e la griglia adattiva di Superstudio a Benedetta Tagliabue con i suoi progetti di architettura tessile pensati per donare comfort alle persone. Da Werner Sobek e le nuove tecnologie di costruzione a basso impatto ambientale a Ico Migliore con le sue considerazioni sull’architettura attraversabile e sul valore nidificante delle città.
E poi ancora, Lucio Blandini e la leggerezza delle tensostrutture di Frei Otto. Mark Gabriel e le performance in termini di sostenibilità richieste da Expo 2020 Dubai. Margherita Palli e la trama come fil rouge che ci permette di vedere un racconto. Edoardo Tresoldi e la rete come materiale con cui creare qualcosa che si auto-struttura. Stefano Catucci e gli spazi affettivi delle città. Lorena Alessio e la mobilità sostenibile nella città dei 15 minuti. E Alberto Fiorenzi, il creatore di i-Mesh che ha innescato la rivoluzione dell’architettura morbida. Un viaggio in cui si intrecciano racconti, riflessioni e immagini di progetti e luoghi: Barcellona, Dubai, Milano, Numana, Roma, Stoccarda, Tokyo. Comunità e spazi lontani eppure intimamente connessi. Perché al di là delle distanze geografiche e culturali, come recita la voce fuori campo alla fine del film, “siamo tutti fili di una stessa trama e abitanti dello stesso nido”. Un collettivo di individualità accomunato dalla stessa urgenza di ascoltare e rispettare il Pianeta.
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